A Milano gli ebrei arrivarono dopo il 1300 da altre parti d’Italia, dalla Germania, dalla Francia e dalla Spagna.
Qui abitarono e lavorarono anche con il favore dei Signori dell’epoca, come attesta, per esempio, il ricordo di due medici ebrei, Elia Di Sabato da Fermo e Guglielmo Portaleone, che fra il ’300 e il ’400, ricevettero onori e riconoscimenti in Milano da parte dei Gonzaga e dei Visconti. Nel XVI secolo Milano fu interdetta agli ebrei come città in cui risiedere per più di tre giorni consecutivi con un decreto espulsivo delle autorità spagnole, reso definitivo il 23 giugno 1597.
Fino ai primi del 1800 gli ebrei tentarono comunque di frequentare la piazza di Milano per le proprie attività economiche, risiedendo in altri centri lombardi, per esempio Monza, Lodi, Vigevano e Mantova. Nella “Rubrica degli israeliti” conservata presso l’Archivio storico di Milano, troviamo i primi nomi ebraici registrati solo negli anni 1805-06. Attorno al 1840 gli ebrei milanesi erano diventati 200, tanti da poter creare un loro “oratorio”, in Via Stampa 4.
Gli ebrei residenti provenivano dal Piemonte, dal resto della Lombardia e qualcuno dal Tirolo.
Nel 1888, dopo l’Unità d’Italia, l’abbattimento dell’ultimo ghetto ebraico in Europa, quello di Roma, e la cosiddetta “emancipazione”, gli ebrei di Milano diedero inizio alla costruzione della sinagoga di Via della Guastalla, su progetto del celebre architetto Luca Beltrami. Il Tempio fu inaugurato il 28 settembre 1892, segnando l’inizio di una nuova epoca per gli ebrei milanesi, che, nel frattempo, erano arrivati ad essere più di 3000 e avevano ottenuto dal Comune anche l’assegnazione di sezioni dedicate nei due maggiori cimiteri della città. La loro comunità divenne sempre più prestigiosa, tanto da essere scelta come sede del primo congresso delle Comunità Israelitiche d’Italia, nel novembre del 1909. In seguito nacquero varie istituzioni di carattere ebraico: dalle scuole elementari di Via Disciplini, al centro di Via degli Amedei, dove trovarono sede negli anni Venti tutte le associazioni culturali e benefiche della comunità stessa. Diversi erano gli ebrei che davano lustro a Milano ricoprendo cariche di spicco nel mondo accademico, culturale, industriale ed economico milanese. Molti i dottori in medicina e in legge, gli ingegneri, i pittori, i musicisti, i professori, i merciai e le sarte, i cuochi, i camerieri…Insomma, gli ebrei milanesi vivevano perfettamente integrati in tutti gli ambiti della loro città e mai avrebbero pensato di poterne essere nuovamente “espulsi”. Con l’emanazione delle Leggi per la Difesa della Razza, a partire dalla fine del 1938, gli ebrei di Milano furono invece cacciati dalle scuole, dalle università, dai teatri, dalle aziende e dagli impieghi in cui erano cresciuti insieme al resto della cittadinanza.
Superato lo shock la reazione fu rapida e costruttiva. Nacque la scuola ebraica di via Eupili, dove erano presenti tutti gli ordini di studio, dalle elementari ai licei, classico e scientifico; un istituto magistrale, uno tecnico e uno di avviamento professionale. Fu persino creato un corso superiore di Chimica, a livello universitario.
La direzione didattica e l’insegnamento furono affidati ai professori espulsi dalle scuole del Regno, spesso veri luminari nel proprio campo. I giovani poterono almeno proseguire gli studi. Alla popolazione ebraica locale si erano però aggiunti fin dal 1935 anche ebrei provenienti dalla Germania e, via via, dalle zone che entravano nella sfera di controllo nazista, dove le leggi contro gli ebrei erano già entrate in vigore e con molta più violenza.
La Comunità ebraica di Milano si adoperò come fu possibile a creare luoghi di aggregazione e organismi di mutuo soccorso. Pochi scelsero di emigrare all’estero, altri cercarono condizioni migliori in diverse località italiane, tutti subirono le umilianti condizioni di “paria” dello Stato italiano. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale la situazione peggiorò ulteriormente e con l’inizio dei pesanti bombardamenti su Milano chi fu in grado sfollò insieme agli altri milanesi lontano dalla città.
Alla vigilia dell’occupazione tedesca, gli abitanti ebrei di Milano erano rimasti circa 4500. Di loro si calcola che circa 1500 siano riusciti a trovare rifugio in Svizzera. Sui restanti 3000 a partire dall’ottobre 1943 si abbatté la politica nazifascista di deportazione e sterminio.
Milano divenne così teatro di terribili eventi e stazione di partenza per le fabbriche della morte.
Gli ebrei milanesi che tornarono da quel viaggio furono pochissimi e non trovarono più le case dove erano nati, né i propri cari. Ma scelsero comunque di ricominciare a vivere e di essere milanesi.