Non appena occupata Milano, il 10 settembre 1943, i tedeschi requisirono i raggi IV e V di San Vittore, il carcere cittadino, sotto il comando di Helmut Klemm. Il servizio di guardia interno era interamente gestito dai tedeschi, mentre quello esterno restò di competenza italiana. Venne adibita al piano terra una stanza per gli interrogatori. All’inizio il direttore della sezione teneva un registro con tutte le generalità dei detenuti. In seguito gli ebrei imprigionati vennero registrati senza nome e senza matricola, ma con un semplice numero progressivo, seguito da una E (ebreo): 1E, 2E… Via via che i gruppi partivano, la numerazione ricominciava. Il carcere di San Vittore fu adibito alla raccolta e detenzione degli ebrei catturati a Milano e provincia, nella zona di frontiera italo-svizzera e nelle grandi città del nord, fungendo da vero e proprio campo di transito. A questo scopo vennero utilizzate le celle del IV raggio e con l’aumentare degli arrestati anche i piani sottostanti, per poi restringersi verso aprile-maggio 1944 nell’ultimo piano del V raggio, non più in celle, ma in camerate. La promiscuità era totale, la mancanza di cibo e di servizi igienici adeguati anche.