Carlotta Regina Thomas nasce a Saulxures, in Francia, il 22 aprile del 1906 da Ernesto e Giuseppina Mathieu. Non si sa molto della sua famiglia di origine, sappiamo che sposa Angelo Bassis e che con lui e i due figli Pietro (1928) e Angelina (1927) abita a Milano in via Odazio 6.
Di professione è tessitrice e lavora come operaia alla Borletti di via Washington.
Quando, nell’estate del ’43 prende avvio la lotta partigiana, Carlotta aderisce ai Gruppi di Difesa della Donna, gruppi di donne sorti spontaneamente con lo scopo di creare un movimento di massa trasversale, cui donne di ogni ceto sociale, fede religiosa e tendenza politica potessero unirsi, sempre entro i limiti della clandestinità, per combattere il nazifascismo. Come ricorda un suo collega di lavoro: ‘E poi ricordo bene la Thomas Carlotta che, purtroppo, non ce la fece. Era una delle figure determinanti del settore macchine automatiche. La Thomas Carlotta era un’impiegata che con molta abilità riusciva a giustificare l’assenza di alcune figure uomo o donna che fossero (le donne spesso dovevano uscire dalla fabbrica per stampare i volantini, distribuire la stampa): loro risultavano sempre presenti in fabbrica; questo è il grande merito che ha avuto questa donna nell’ambito delle formazioni partigiane’.
Carlotta, insieme ad altre 15/16 altre operaie della Borletti, viene arrestata ai primi di marzo del 1944 in seguito agli scioperi. Ricorda Enrichetta Bartesaghi, operaia al reparto spolette della Borletti: ‘Ricordo che, durante lo sciopero del ’44, sono arrivati i fascisti in fabbrica, ci hanno caricato sulle camionette e ci hanno portate a San Vittore. Siamo scese e li abbiamo visti con i mitra, che ci urlavano perché avevamo fatto sciopero’.
Da San Vittore il gruppo di donne viene trasferito alla caserma San Fedele, essendo San Vittore al completo per via delle retate seguite agli scioperi. Poi di nuovo a San Vittore e quindi trasferite al carcere di Brescia, dove, probabilmente con il trasporto n.33 del 4 marzo 1944, le donne sono deportate a Mauthausen, via Innsbruck. Ricorda sempre la Bartesaghi: ‘..con un camion siamo andate alla stazione e lì c’era un treno pieno di vacche e noi siamo salite dopo che avevano fatto scendere le vacche. Non siamo andate subito a Mauthausen, ma prima siamo andate a Innsbruck. Dopo siamo andate a Mauthausen. Ci hanno messe in una cella, ci hanno portato via tutto e ci hanno tagliato i capelli e ci hanno portato via i vestiti e non potevamo dire niente perché ci bastonavano. E lì abbiamo cominciato a piangere. Ci hanno messo un vestito rigato e ci hanno messo in una cella, 7 o 8 persone e ci hanno messo il numero sul braccio’. Non c’è traccia della registrazione della Thomas a Mauthausen, ma risulta invece Enrica Bartesaghi, registrata in ingresso il 13 aprile del 1944, categoria ‘politici’.
Le prigioniere vengono quindi trasferite ad Auschwitz e qui viene assegnato loro anche il numero, tatuato sull’avambraccio sinistro: Carlotta avrà il n.78985.
Verso la fine del 1944, con l’avanzata dei carri armati sovietici da est, il campo di Auschwitz è evacuato. Carlotta Thomas è inviata a Bergen Belsen, dove, secondo la testimonianza di un’altra sua compagna della Borletti, Teresa Pellicciari, muore di tifo il 10 aprile del 1945.